martedì, ottobre 30, 2007

MADE IN SAN DAMASO...


PRESTO SARA' CHIUSO.....

Matrimonio del Califfo Settembre 06

Della Serie meglio tardi che mai.......
Su gentile concessione di Madame Maria Elisa di Rivombrosa Taparelli
















......."Coppietta"



Sempre ste' facce fanno sti' 2....




Fillo contro tutti!!!







RISSA SFIORATA..... Guai a toccare Mr. Grillo....























"Che libidine la vita del cummenda"



Guido Nicheli, meglio conosciuto come Dogui, circa un anno fa rilasciò una bella intervista ad Alessandro Dell'Orto di Libero, per la sua rubrica "Soggetti smarriti". Un'intervista coinvolgente, che fa rivivere le scene cult del mitico "Zampetti". Leggendola traspare come il Dogui sia omogeneo in tutto e per tutto al "cummenda" dei film. TgCom riprone l'intervista integrale, pubblicata Domenica 22 Ottobre 2006.

“Buongiorno Guido Nicheli, anzi Dogui. A proposito, perché la chiamano così? Anche sul campanello di casa c’è scritto semplicemente Dogui.«È l’anagramma di Guido: easy, semplice no? Un modo di parlare che usavano i carbonari per non farsi capire. Se dico lafi stoque significa fila questo. Se dico neca significa cane. La nabambi è la bambina. Vediamo se ha capito: le ghe-fi cosa sono?».
Belle donne?«Negativooo. Si dice le fighe: io le chiamo così, senza voler essere volgare. Parlare in questo modo è una delle caratteristiche del cumenda».
Già, il cumenda. E’ sparito dalla tv da un po’ di tempo, che fine ha fatto?«Ho girato “Vita Smeralda” con Jerry Calà, ora sto lavorando per una sit-com prodotta da Sky. Ci sarà anche la Colombari, farò un procacciatore d’investimenti alla mia maniera: invece che recuperare soldi per l’azienda, li spendo».
Perché nel frattempo ha lavorato poco?«Uè, io non sono mica uno che telefona per proporsi. Negativo. Nel mondo dello spettacolo per lavorare devi chiamare ed essere compiacente. Doppiamente negativo. La ricchezza è la libertà di fare quel cazzo che vuoi, e in questo senso sono ricchissimo. Se hanno bisogno di me chiamano loro. Altrimenti goodbye e see you later: arrivederci. D’inverno parto e volo ai Caraibi, d’estate vado in giro per il Mediterraneo che è il mare più bello del mondo».
Dogui ha sempre amato viaggiare?«Libidine. Quando facevo l’odontotecnico lavoravo fino a metter via 3.000 dollari, poi partivo per un mese: taaaac,100 dollari a disposizione ogni giorno. New York, Messico, Rio, Spagna. La vede quella foto laggiù?».
Lei in posa con Salvador Dalì. «Bravo. Ero di casa a Port Lligat vicino a Cadaques, dove viveva. Un giorno, dopo aver cenato, il maestro mi porta a vedere l’opera che stava dipingendo: la “Pesca del tonno” che ora è esposta al Louvre. Arriviamo nello studio e... sorpresa, è tutto vuoto, non c’è un cazzo. Ad un certo punto Dalì prende una specie di telecomando e taaaac, schiaccia un bottone. Come per magia dal pavimento si materializza una rotaia e appare la grande tela con il quadro. Libidine, tutto elettronico: era il 1967».
Mai incontrata Amanda Lear? «Posava in spiaggia per un servizio fotografico, era una ragazzina. Anzi, un ragazzino. Sì, insomma, era già una gran figa ma aveva il coso...».
A proposito di donne, lei si è sempre trattato bene.«A 25 anni sono diventato padrone del mio tempo e ho capito che vicino alle belle fighe stavo bene: da quel momento mi sono dedicato a loro. Certo, ci vogliono tempo, soldi per viaggiare sempre in prima classe e testa libera».
Ha ottenuto buoni risultati... «Faccio sport, ginnastica e nuoto: sono sempre in forma e le ghefi non mi mancano mai. Ho 72 anni ma taaac, sono ancora operativo. Il viagra? Negativo, non l’ho mai provato e non so nemmeno cosa sia. Quando avrò finito le cartucce e non avrò più stimoli mi ritirerò sapendo che ho bacchettato alla grande tutta la vita».
Ora è fidanzato?«Assolutamente single: alle donne che sono salite a bordo e hanno viaggiato con me non ho mai chiesto cosa avevano fatto la sera prima, ma nemmeno loro me lo devono chiedere. Altrimenti si chiude. Ieri sera ho cenato con una galli-nella di 24 anni che fa l’università: oltre al culo alto e ai fianchi stretti ci vuole anche cervello».
Dogui, ci faccia sognare. E ci dia anche qualche lezione: la serata tipo del cumenda per cuccare? «Primo, devi decidere tu dove andare: una che vuole dirti cosa fare è da cancellare subito».
Cena al ristorante o a casa?«Meglio a casa, lume di candela, un buon vino, musica moderna in sottofondo».
E poi?«Poi decidono loro. Quando vai a prenderle tanto hanno già deciso se dartela o no, che tu sia cumenda o meno...».
Già, il cumenda. Parliamone.«E’ un’icona ormai».
E ha un nipotino: Ranzani, quello di ”oooookkkkk, vaaaaaabeneeeee”.«Libidine, se prende spunto da me significa che funziono. D’altronde il cumenda è conosciuto in tutto il mondo: ovunque mi fermano e ripetano le frasi celebri.
Tipo “Via della Spiga-hotel Cristallo di Cortina 2 ore, 54 minuti e 27 secondi: Alboreto is nothing”?«Bravo. Oppure “I pantaloni belli dritti nell’armadio”, “Ivana fai ballare l’occhio sul tic”, “I repeat for you” e “F. M. Fine messaggio”».
Tutte sue invenzioni?«Per forza. Mi vengono così, naturali».
Da “Sapore di mare” a “Vita Smeralda” però i tempi cambiano. Ora ci sono i cellulari: che rapporto ha il cumenda con i telefonini?«Beh, mi tengo aggiornato con i termini. Per dire a uno di svegliarsi ora uso un “Attivati, animale”».
Sa mandare sms?«Certo che mando gli esse emme. Tre parole o poco più. L’ultimo? “I don’t forget i tuoi fianchi”».
Nicheli, taac e facciamo un salto indietro.«Sono nato a Bergamo nel ’35, e lo stesso anno è morto mio padre. In tempo di guerra ci siamo trasferiti a Carobbio degli Angeli e poi a Milano».
Primi contatti con il mondo del cinema?«Ero un predestinato, tutti mi chiedevano sempre di recitare. Mi ha scoperto Steno, nel 1975 ho fatto “Il padrone e l’operaio”. Il cinema mi ha sempre affascinato per via del materiale che gira: le belle donne».
A proposito, ha lavorato con ghefi di altissimo livello. La migliore?«Florence Guerin in Gran Casino Montecarlo del 1987. Era Miss Francia, ho sempre avuto un debole per le francesi».
In “Vacanze di Natale” c’era Moana Pozzi.«Gran bella figa: fianchi stretti, culo alto e una terza piena, ma anche molto intelligente. Una notte aMilano esco con il cane per andare a comprare i giornali. Sono in Galleria del Corso, 4 di mattina, tutto deserto e sento una che mi chiama “Ciao Dogui, come stai?”. Non capiscochi sia. Poi la guardo meglio, la faccio girare su se stessa e passo in rassegna il materiale: “Adesso sì che ti riconosco: ciao Moana!”».
Film e teatro: in quegli anni a Milano era impossibile non passare per il Derby.«Sì, ma facevo il rappresentante».
Scusi?«Sa, per mia moglie... Mi sono inventato un lavoro per stare in giro di notte nei locali: ero rappresentante di whisky, invece che portare soldi ai night taaaac, li prendevo».
Mai recitato?«Con Jannacci, ma per poco tempo. Vado in vacanza in Africa, l’hotel non mi piace e decido di cambiare. Arrivo ai bungalow e dico allo schiavetto “Uè, portami la valigia”. Intanto sento uno che grida con la pupa: era Enzo che litigava con la moglie. Lo guardo: “Lasciala stare povera donna”. Ci salutiamo, abbracci, baci e passiamo una settimana di vacanza insieme. Ogni giorno mi ripete: “Tu saresti perfetto per interpretareun personaggio nella mia pièce teatrale La tappezzeria”, e mi fa registrare la voce. Tornati a Milano accetto».
Già, gli amici di quei tempi: Jannacci, Pozzetto, Teocoli.«Teo era come un fratellino. E’ un grandissimo. Una sera siamo a cena insieme a un sacco di gente importante, lui si alza e dice: “Ho imparato tutto da Dogui”. E io: “Libidine, ma vuoi far nevicare?”. Siamo andati in vacanza mille volte insieme, poi si è sposato e ha fatto tre figli. E ora è condannato a lavorare...».
Lei non ha figli?«Alessandro è morto durante il parto, era il 1970. Da quel momento non ne ho più voluti per scelta: si vede che era destino e non bisogna andare contro il destino».
Si è mai pentito?«Negativo. Alessandro però sarebbe stato un grande, gli avrei insegnato a vivere come me, una vita in prima classe con un’educazione rigida seguendo la legge dell’ordine e della disciplina. E gli avrei spiegato che se al casello c’è la fila è meglio tornare indietro e fare le cosediversamente da tutti, ma di testa propria. Sa quale è la mia filosofia di vita?»
Dica.«C’è chi pensa che il pesce pilota sia destinato a una vita in solitudine perchè se pilota è davanti a tutti. Errore. E’ sempre in compagniadella sua libertà perchè decide lui dove andare. Believe me, credimi».
Dogui, ultime domande veloci. 1) Attore e attrice preferiti?«Al Pacino e Meryl Streep».
2) Film?«Il Padrino».
3) Ha paura della morte?«Negativo. Mi consola che tocca a tutti senza distinzioni».
4) Squadra per cui tifa?«Milan».
5) Un sogno irrealizzato?«Suonare il pianoforte e andare in deltaplano».
Ultimissima. Dogui, ci faccia sognare: la prossima vacanza?«A gennaio si parte: taaaac, destinazione Messico o Brasile. E see you later, arrivederci a tutti»

lunedì, ottobre 29, 2007

ME NO AD SICUR....

Dopo......averlo confermato per una settimana....

ma soprattutto....dopo aver telefonato per dire va bene....

Te propria un bel suzet..........

...Me no Ad'Sicur....








Morto Guido Nicheli, il mitico Zampetti

Alboreto is nothing!

Guido Nicheli è riuscito a morire senza invecchiare, perché i cummenda hanno da sempre la stessa indefinita mezza età, sono stempiati da anni e hanno la parlata finto giovanile che toglie coordinate: «Hei animali, levate l’ancora, do you understand?». Parlava così, anche fuori copione perché le battute gliele hanno scritte addosso e le sapeva portare, con quell’accento lombardo diventato dopo di lui un modo di essere, un concentrato di Anni Ottanta che ha resistito al politicamente corretto.Il Dogui se ne è andato ieri, colpito da un ictus, il commendator Camillo Zampetti ha dato il suo addio in Vita Smeralda, uscito la scorsa estate, la sua stagione. È comparso, per tutti, dentro Ecceziunale veramente, nel 1982. Ancora senza nome, nel cast è semplicemente definito «uno snob» e chiede a Boldi, che sta dietro il bancone del bar: «Due ana, capito? Due ana, due analcolici, dai vieni giù dalla pianta». Il tipo che non sai se odiare o prendere per i fondelli, talmente sopra le righe da non essere mai considerato sul serio: arricchito, razzista, donnaiolo e ignorantello, ma abbastanza viveur da saper citare Françoise Sagan, come succede in Sapore di mare. Se la cava sempre, il proprietario della «fabbrichetta» che non legge i libri, ma le quarte di copertina e bastano per stare in società. Quello che «ho mandato la moglie, la titolare, a sgonfiarsi in clinica» e si presenta con amante al seguito, troppo appariscente per dare fastidio. Virna Lisi, che in Sapore di mare l’aveva sposato, cerca di fargli ricordare i tempi dell’amore in macchina e lui: «Ma cosa avevo? Un Alfone 1900 o l’Aurelia Spider? No, la Porsche, auto di grande libidine». E lei si gira dall’altra parte, perché non c’è altro da fare. Come lo zittisci uno che tanto non ascolta, che vive in una dimensione a parte dove a tutti, almeno una volta, è capitato di stare: sdraiati a bordo piscina, con l’aperitivo in mano e le olive a fianco, circondati da un lusso posticcio da vorrei ma non posso. Zampetti è la Milano da bere che va in vacanza a Cortina d’inverno e in Costa Azzurra d’estate, con qualche fine settimana a Forte dei Marmi. E quando i cummenda si sono apparentemente estinti, lasciando il posto a signorotti più tronfi ed eleganti, che avevano pure bisogno di darsi un tono con conversazioni intellettuali, lui è rimasto lì. Con i pantaloni rossi e l’istinto di maltrattare i camerieri.Il Dogui vero viveva vicino a Brescia, ma spesso lui e il suo soprannome da Salone del mobile giravano in qualche locale milanese, con il giubbotto scamosciato che si usa solo lì e tutti a chiedergli di rifare il papy della Terza C, il papà di Sharon Zampetti, bellona classica e bionda «la più carina, la più cretina», come ha cantato Venditti. Con quel telefilm è finito nei fan club, su You Tube ed è arrivato all’ultima generazione, quindicenni che lo imitano: «Dai ordine al tuo shangay di muoversi che devo dare il benvenuto nella splendida cornice», un vocabolario in bilico tra maleducazione e stupidità. Però restava a galla, in qualche modo inspiegabile risultava simpatico.Nicheli si è tenuto il suo personaggio appiccicato, gli ha dato il successo e gliene era grato, non si sforzava mai di dimostrarsi diverso da quello stereotipo e anche se una volta, grazie a Dino Risi, ha ceduto alla prova d’attore con un ruolo drammatico in Lo scemo di guerra, è subito tornato alla vita da cummenda. Fino all’ultimo attracco in barca: «Lasciate spazio, io è dal ‘52 che pascolo qui».
Quando si spegne una parte di un immaginario, che l’immaginario ci piaccia o meno, e anche se spesso questa frazione di mito è stata relegata da amici registi e attori in una macchietta senza età ma ormai vuota e bidimensionale, si rimane di sasso e non si sa più che dire. Perché ci si rende conto che questo irresistibile non-attore, attraverso meccanismi di ripetizione probabilmente inconsapevoli –chi l’ha conosciuto lo giura, a gran voce, che Nicheli era proprio così – si è portato a casa, e poi nella tomba, un’immortalità che è propria dei grandi.
Delle star.
Alboreto is nothing.




domenica, ottobre 28, 2007

RICETTE. Prima puntata


l Cuba Libre è un cocktail a base di rum e Coca Cola molto richiesto al banco. Deve il suo nome all'isola di Cuba.Nato per festeggiare l'indipendenza di Cuba dalla Spagna, ottenuta con l'aiuto degli stati uniti. Un barman cubano unì la coca cola in onore degli stati uniti al miglion ron del mondo, quello cubano. In alcuni locali italiani in alternativa viene chiamata Rum&Cola.

Preparazione

La ricetta originale prevede:
-lime pestato con zucchero di canna
-1 e 1/4 oz (oncia) rum ambrato (invecchiato 3 anni)
-cola fino a riempire il bicchiere con ghiaccio
-servire in tumbler con ghiaccio in cubetti.

La ricetta alternativa: 30 ml rum, 20 ml succo di limone e 150 ml di Coca-Cola. Aggiungere alcuni cubetti di ghiaccio.

Per il cubano bisogna sostituire lo sweet'n'sour al lime pestato e 3/4 oz di rum ambrato al posto di 1 e 1/4.

mercoledì, ottobre 24, 2007

IL CORAGGIO DI PARTIRE

Chris McCandless



Nell’agosto 1992, a nord del monte Mckinley, in Alaska, un cacciatore di alci trovò in un vecchio autobus abbandonato, il corpo di un ragazzo, ormai in decomposizione.Accanto al corpo senza vita, qualche libro e un diario. Un diario firmato con uno pseudonimo che il ragazzo aveva usato fino a quel momento, Alexander Supertramp, ma il vero nome del ragazzo come si sarebbe scoperto poco dopo era Chris McCandless.
Ma chi era Chris McCandless e cosa ci faceva una ragazzo così giovane, solo e sperduto nelle foreste dell’Alaska?
Nel 1990 dopo aver conseguito con il massimo dei voti una laurea, Chris, un ragazzo di 22 anni e di buona famiglia, prese tutti i suoi risparmi (25 000 dollari) e gli diede in beneficenza, bruciò la sua auto e sparì dalla circolazione, per sempre, uniche tracce, i suoi appunti sul diario e la gente che incontrò sul suo cammino.
Con poche righe spiegò ad amici e famiglia che non ne poteva più della sua vita normale e voleva abbracciare la natura.
John Krakauer, uno scrittore americano ma prima di tutto un avventuriero ed un alpinista, affascinato dalla storia di Chris, decise tramite gli appunti nel diario e gli indirizzi annotati, di intervistare chiunque avesse incontrato Chris, chi gli aveva dato un passaggio, le persone per cui aveva lavorato in piccoli fast food o in fattorie sperdute dell’American del nord, chi l’aveva ospitato o semplicemente, fatto una chiacchierata e preso il suo indirizzo, raccolse tutto questo in uno splendido libro, ormai quasi introvabile “Into the Wild” (Nelle Terre Estreme, nella versione italiana)
Quello che ne emerse fu incredibile, tutti, nessuno escluso ricordavano quel ragazzo con grande affetto, Chris aveva come unica filosofia, quella di lasciare il posto in cui si trovava, appena ci si fosse trovato bene, la sua sfida era….mettersi alla prova ogni giorno, e come ultima destinazione, arrivare nella fredda Alaska, lì dove finalmente avrebbe potuto abbracciare la natura che da tanto cercava.Chris si muoveva per l’ovest americano lavorando ovunque gli capitasse, fino a mettere da parte i soldi necessari per la partenza successiva, da tutti veniva ricordato come un ragazzo taciturno e lavoratore, e sempre con il sorriso sulle labbra.
Il corpo di Chris venne ritrovato nell’estate del 1992, nel vecchio pullman abbandonato c’erano graffiti e passi sottolineati di alcuni libri come quelli di Tolstoj, Kerouac, Jack London ecc.
Il motivo della morte di Chris tutt’ora non è stato chiarito, lo stato di decomposizione non permise una autopsia accurata, Chirs potrebbe essere morto di stenti, freddo oppure avvelenato da alcune radici di cui si era cibato.Lo scherzo del destino fu che la salvezza per Chris era soltanto a pochi kilometri dall’autobus abbandonato, infatti a un’ora di cammino avrebbe trovato sia la strada, che un capannone per i rifugi usato dai Rangers, ma lo spirito di Chris gli aveva sempre imposto di viaggiare senza una mappa, quindi, lui ignorava tutte queste cose.
Tra le tante persone con cui parlò, ci fu qualcuno che affezionò al ragazzo più degli altri, un anziano signore che incontrò Chris mentre faceva autostop, insieme viaggiarono da Salton City fino a Grand Juction in California.L’uomo si chiamava Ronald A. Franz, (uno pseudonimo su richiesta dell’uomo) una persona sola, in pensione e molto insoddisfatta della propria vita, Ron non voleva più separarsi dal suo nuovo giovane amico, ma sapeva di non poterlo fermare.Ecco alcuni stralci delle lettere che Chris scrisse a Ron:

“Ron, apprezzo sinceramente l’aiuto che mi hai dato e i momenti che abbiamo trascorso insieme. Spero che la nostra separazione non ti abbia depresso troppo. Potrebbe passare molto tempo prima di rivederci ma, ammesso che io superi l’affare Alaska tutto d’un pezzo, riceverai di sicuro mie notizie. Vorrei ripeterti solo il consiglio che già ti diedi in passato, ovvero che secondo me dovresti apportare un radicale cambiamento al tuo stile di vita, cominciando con coraggio a fare cose che mai avresti pensato di fare o che mai hai osato.
C’è tanta gente infelice che tuttavia non prende l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo , dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà, non esiste niente di più devastante che un futuro certo.Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l’avventura.La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze e quindi non esiste gioia più grande dell’avere un orizzonte in continuo cambiamento, del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso.
Spero davvero, Ron, che non appena ti sarà possibile, lascerai Salton City, attaccherai una roulotte al camion e comincerai a goderti il grande lavoro che il Signore ha compiuto nell’ovest americano,vedrai cose, conoscerai gente, e ti insegneranno molto. Dovrai farlo in regime d’economia, niente motel, preparati da mangiare da solo e, come regola generale, spendi il meno possibile, perché così ti ritroverai ad apprezzare immensamente ogni cosa.Spero che la prossima volta che ti vedrò sarai un uomo con una sfilza di nuove esperienze e avventure alle spalle.Non esitare o indugiare in scuse.Prendi e vai, Sarai felice di averlo fatto.Riguardati.
Alex.

L’ottantenne Ron, venne così colpito dalle parole del giovane vagabondo che vendette la sua casa e i mobili per comprarsi un Caravan, ci mise dentro un letto, un’attrezzatura da campeggio e cominciò a viaggiare lungo l’ovest Americano, Ron arrivò fino alla Bajada, stesso posto dove si era accampato mesi prima Chris, si fermò lì, in attesa del ritorno del suo amico, che purtroppo non avvenne mai.
Molti furono i giovani impressionati dalle gesta di Chris, qualcuno lo paragonò ad un moderno profeta, altri usarono parole taglienti accusandolo di dare cattivo esempio per i giovani che cercano di farsi strada nella società.
Per me invece, come per tanti altri, Chris fu la prima spinta a viaggiare, per me come per tanti altri, Chris rappresenta il coraggio di mettersi uno zaino sulle spalle per affrontare realtà che non avrebbe mai immaginato, questa di Chris, è solo una delle tantissime storie, che si può incontrare viaggiando.
Una frase sottolineata da Chris nel libro "La felicità familiare" di Lev Tolstoj :



“Volevo il movimento, non un esistenza quieta, volevo l’emozione, il pericolo,
la possibilità di sacrificare qualcosa al mio amore.Avvertivo dentro di me una
sovrabbondanza di energia, che non trovava sfogo, in una vita tranquilla”





DA QUESTA STORIA E' TRATTO QUESTO FILM:











martedì, ottobre 23, 2007

Tutti insieme appassionatamente


De Magistris ha messo d'accordo centro destra e centro sinistra, con l'eccezione di Di Pietro. Tutti insieme appassionatamente per salvarsi il c..o. Il centro destra ritrova in Mastella il suo Dna. Cicchitto e Casini lo adorano. E' la futura Brambilla del Sud di Berlusconi. Il centro sinistra invece tace. Prodi e Veltroni fanno il gioco del silenzio. La vecchia tattica democristiana del tirare a campare per non tirare le cuoia. Il ministro della Giustizia indagato, il ministro degli Esteri indagato, il Presidente del Consiglio indagato. Al prossimo Consiglio dei Ministri faranno una retata.Il fratello di Borsellino mi ha scritto una lettera da far gelare il sangue.

"La notizia dell'avocazione da parte della Procura Generale dell'inchiesta Why Not al Procuratore De Magistris e' di quelle che lascia senza fiato.Solo un'altra volta nella mia vita mi ero trovato in questo stato d'animo.Era il 19 Luglio del 1992 e avevo appena sentito al telegiornale la notizia dell'attentato il cui scopo non era altri che quello di impedire ad un Giudice che, nelle sue indagini, era arrivato troppo vicino all'origine del cancro che corrode la vita dello Stato Italiano, di procedere sulla sua strrada.Morto Paolo Borsellino l'ignobile patto avviato tra lo Stato Italiano e la criminalita' mafiosa aveva potuto seguire il suo corso ed oggi vediamo le conseguenze del degrado morale a cui questo scellerato patto ha portato.Ieri era stato necessario uccidere uno dopo l'altro due giudici che, da soli, combattevano una lotta che lo Stato Italiano non solo si e' sempre rifiutato di combattere ma che ha spesso combattuto dalla parte di quello che avrebbe dovuto essere il nemico da estirpare e spesso ne ha armato direttamente la mano.Oggi non serve piu' neanche il tritolo, oggi basta, alla luce del sole, avocare un'indagine nella quale uno dei pochi giudici coraggiosi rimasti stava per arrivare al livello degli "intoccabili", perche' tutto continui a procedere come stabilito.Perche' questa casta ormai completamente avulsa dal paese reale e dalla gente onesta che ancora esiste, anche se purtroppo colpevole di un silenzio che ormai si confonde con l'indifferenza se non con la connivenza, possa continuare a governare indegnamente il nostro paese e a coltivare i propri esclusivi interessi in uno Stato che considera ormai di propria esclusiva proprietà.Oggi basta che un ministro indegno come il signor Mastella ricatti un imbelle capo del governo, forse coinvolto negli stessi suoi luridi traffici, minacciando una crisi di governo, perche' tutta una classe politica faccia quadrato intono al suo degno rappresentante e si esercitino in conseguenza chissa' quale tipo di pressioni sui vertici molli della magistratura per ottenere l'avocazione di un'indagine e quindi l'inoffensivita' di un giudice sensa neanche bisogno del tritolo come era stato necessario per Paolo Borsellino.Siamo giunti alla fine della Repubblica Italiana e dello Stato di Diritto.In un paese civile il ministro Mastella non avrebbe potuto chiedere il trasferimento del Dr. De Magistris titolare dell'inchiesta in cui e' indagato il suo stesso capo di governo e lo stesso ministro.Se la decisione del Procuratore Generale non verrà immediatamente annullata dal CSM, saremo di fronte alla fine dell'indipendenza della magistratura e in conseguenza dello stesso Stato di Diritto.Il Presidente Giorgio Napolitano, nonostante sia stato più volte sollecitato, continua a tacere su queste nefandezze dimostrando che la retorica dello Stato e della figura istituzionale di garante della Costituzione Repubblicana non sono diventate, in questa disgraziata Italia, altro che vuote parole.Quaranta anni fa sono andato via dalla Sicilia perche' ritenevo impossibile di vivere la mia vita in un paese in cui la legalita' era solo una parola del vocabolario, ora non ritengo piu' che sia una vita degna di chiamarsi con questo nome e quindi una vita degna di esserre vissuta quella di vivere in un paese dove l'illegalita' e' diventata la legge dello Stato." Salvatore Borsellino


Appello per la Giustizia - Per De Magistris



domenica, ottobre 21, 2007

Aumento di 200 euro, robin hood.....imprenditore

Enzo Rossi ha passato un mese come i suoi dipendenti
e dopo quest'esperienza ha deciso di dare aumenti a tutti

Industriale vive da operaio
"Il 20 avevo già finito i soldi"

"L'ho fatto anche per le mie figlie, che non hanno mai provato privazioni"
dal nostro inviato JENNER MELETTI


CAMPOFILONE (Ascoli Piceno) - Per un mese ha provato a vivere con lo stipendio di un operaio. Dopo 20 giorni ha finito i soldi. Enzo Rossi, 42 anni, produttore della pasta all'uovo Campofilone, ha deciso allora di aumentare di 200 euro al mese, netti, gli stipendi dei suoi dipendenti, che sono in gran parte donne. Ha dichiarato di essersi vergognato, perché non è riuscito a fare nemmeno per un mese intero la vita che le sue operaie sono costrette a fare da sempre. Ha detto che "è giusto togliere ai ricchi per dare ai poveri".

Signor Rossi, per caso non sarà comunista?
"No. Non sono marxista. Sono un ex di destra. Ex perché quelli che votavo non sanno fare nemmeno l'opposizione".

Perché allora questo mese da "povero" e soprattutto la decisione di aumentare i salari a chi lavora per lei?
"Perché stiamo tornando all'800, quando nella mia terra c'erano i conti e i baroni da una parte ed i mezzadri dall'altra, e si diceva che i maiali nascevano senza coscia perché i prosciutti dovevano essere portati ai padroni. Negli ultimi decenni il livello di vita dei lavoratori era cresciuto e la differenza con gli altri ceti era diminuita. Adesso si sta tornando indietro, e allora bisogna rimediare".

Aveva bisogno davvero di provare a vivere con pochi soldi? Non poteva chiedere a chi è costretto a farlo, senza scelta?
"Certo, sapevo come vivono le donne che lavorano per me. Ma ho fatto questa esperienza soprattutto per le mie figlie, che non hanno mai provato le privazioni. Ho voluto fare toccare loro con mano come vivono la grandissima parte delle loro amiche".

Come si è svolto l'esperimento?
"E' stato semplice. Io mi sono assegnato 1.000 euro, e altri 1.000 sono arrivati da mia moglie, che lavora in azienda con me. Duemila euro per un mese, tante famiglie vivono con molto meno. Abbiamo fatto i conti di quanto doveva essere messo da parte per la rata del mutuo, l'assicurazione auto, le bollette... Con il resto, abbiamo affrontato le spese quotidiane. Il risultato è ormai noto: dopo 20 giorni non avevamo un soldo. Mi sono vergognato, anche se ero stato attento a ogni spesa. Sa cosa vuol dire questo? Che in un anno intero io sarei rimasto senza soldi per 120 giorni, e questa non è solo povertà, è disperazione".

Signor Rossi, lei è mai stato povero?
"Sì, anche se ero già un piccolo imprenditore. Nel 1993 - erano già nate le mie figlie - ho dovuto chiedere soldi in prestito agli amici per mantenere la famiglia. Non mi vergogno a dirlo, tanto quei soldi li ho restituiti. E' anche per questo che nell'esperimento ho coinvolto la famiglia. Volevo che le mie figlie vivessero in una famiglia con pochi mezzi, per trovare difficoltà e provare a superarle".

Il momento peggiore?

"L'ultimo giorno, quando ho deciso di arrendermi. Entro nel bar con 20 euro in tasca, gli ultimi. Sono conosciuto in paese, siamo 1.700 abitanti in tutto e gli imprenditori non sono tanti. Mentre entro un pensiero mi fulmina: e se trovo sei o sette amici cui offrire l'aperitivo? Non ho abbastanza soldi. Ecco, ci sono tanti operai che, quando tocca il loro turno, debbono pagare da bere agli altri, perché non è bello fare sapere a tutti che si è poveri. Sono in bolletta e non lo dicono a nessuno. In quel momento ho pensato: tanti di quelli che sono qui sono poveri davvero e non per un mese. Mi sono sentito come quando sei immerso in mare a 20 metri di profondità e scopri che la bombola è finita".

Il pastificio di Rossi


E allora ha deciso di aumentare i salari.
"E' il minimo che potevo fare. Secondo l'Istat, il costo della vita è aumentato di 150 euro al mese. Per quelli come me non sono nulla. Per gli operai 150 euro al mese in meno sono quasi 2.000 all'anno, e questo vuol dire non pagare le rate della macchina o non comprare il computer al figlio. E poi, lo confesso, io ho aumentato i salari anche perché sono un egoista. Secondo lei, come lavora una madre di famiglia che sa di non poter arrivare a fine mese? Se è in paranoia, dove terrà la testa, durante il lavoro? Le mani calde delle mie donne che preparano la pasta sono la fortuna della mia azienda. E' giusto che siano ricompensate".

Se aumenta gli stipendi, vuol dire che l'azienda rende bene.
"Nel 1997, quando ho preso il pastificio Campofilone, il fatturato era di 90 milioni di lire. Quest'anno arriveremo a 1,6 milioni di euro. Da due anni le cose vanno davvero bene, e mi posso definire benestante. Non è giusto che sia solo io a goderne. Il valore aggiunto derivato dalla trasformazione della farina e delle uova deve portare benefici sia ai contadini che mi danno la materia prima che ai lavoratori della fabbrica".

Come l'hanno presa, i suoi colleghi industriali?
"Mi sembra bene. Alcuni mi hanno telefonato per sapere se l'aumento di 200 euro è uguale per tutti e altre cose tecniche. Forse vogliono imitarmi e questa è una cosa buona. Io ho spiegato che sarebbe giusto non fare pagare alle aziende i contributi relativi a questo aumento. Se il governo capisce (mi ha telefonato anche Daniele Capezzone, della commissione imprese) l'idea di prendere ai ricchi per dare ai poveri non resterà soltanto un manifesto".