lunedì, maggio 12, 2008

Il silenzio del Presidente del Senato...

Nei Paesi di ordinaria democrazia, dove l’informazione esercita il suo ruolo (guardare, controllare, raccontare) sono all’ordine del giorno le polemiche, anche aspre, e gli scontri, anche scomposti, tra i giornalisti e gli uomini del potere politico.
Il conflitto, com’è ovvio, avviene sui fatti.
Se siano veri o falsi, prima di tutto, se abbiano una rilevanza penale, oppure solo politica.
Tradire la propria moglie con una giovane stagista non è proprio un reato tra le eleganti elites di Washington.
Ma può diventare un notevole guaio politico se a farlo è l’inquilino della Casa Bianca quando per di più prova a negarlo, - “mentendo al popolo americano”, secondo l’accusa – fino a rischiare l’impeachment.

Marco Travaglio si è limitato a raccontare un fatto che riguarda la biografia di Renato Schifani.

Quel fatto è vero o è falso?

Ha una rilevanza penale? Ha una rilevanza politica?

Interessa l’opinione pubblica, visto che nel frattempo Schifani è stato eletto presidente del Senato? Interessa l’opposizione che pure siede in Senato? Interessa il giornalismo italiano che in certi casi ha persino studiato alla Columbia University?

Renato Schifani, seconda carica istituzionale italiana, ha tutti i diritti del caso, naturalmente, compreso quello di sentirsi offeso e di replicare ai fatti raccontati.

Ha persino il diritto di rimanere in silenzio, come pure ha fatto con il Tg1, divagando al solito sulla politica, quando il tema era la cronaca.
Il silenzio, però, non fa onore alla sua carica e neppure alla sua prossima biografia.

Schifani, indignandosi quanto crede, dovrebbe invece dire il necessario e disdire l’ingiusto.

Sempre che non adotti la linea di condotta del suo capo, il presidente Berlusconi, che quando vuol sottolineare domande proibite a sè o ai propri amici, lietamente mima il mitra.
Marco Travaglio

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